Bambine

fuga

Apparivano nel bosco, le fatine, messe in scena da mani segnate dal lavoro di vecchi giardinieri, che aprivano cespugli, tagliavano rovi, rivelavano sentieri e radure ove erano loro, piccole, esili, in tutù, con un pupazzetto d’affezione vicino, pronte a farci sognare per qualche minuto e poi a svanire. “Ai limiti del bosco” erano, se ricordo bene, le cerbiatte, in un’altra edizione del festival di Castiglioncello, nella quale Virgilio Sieni aveva fatto “danzare” anche cinque nonne, in una casa con un giardino un po’ inselvatichito: semplici gesti, quelli delle anziane signore, posture, cariche di storia, di sguardo, di rughe e lentezze, di vita; leggerezza aerea, quella delle cerbiatte. La danza pura del coreografo fiorentino incontra il momento di stupore, di tremore, di ascolto, di sogno, di smarrimento, di attesa, il vibrare denso di possibilità e di timori dell’infanzia. Cerca bambine nelle scuole di ballo e trasforma le basi dei movimenti accademici in esplorazioni di sogno, di favola appena incrinata dal timore del passo nel mondo. Apparizioni. Fantasmagorie. Inventa stanze oniriche (a Santarcangelo, questa volta), nelle quali da un letto nascono immagini, ragazzi con i cappelli a cono, equilibristi con palle, figure slogate di qualche opera shakespeariana… Fa incrociare i bambini con gli adulti nei lavori degli amatori (e fa trasmigrare gesti, attenzioni, posture, sensazioni, modi di essere). Immaginazione attraverso il corpo. Gioco che spinge verso soglie inesplorate, inquietanti e entusiasmanti. La fiaba, alle spalle, Pinocchio, Cappuccetto rosso, la Regina delle nevi, un Jolly dall’equilibrio disossato, gli Arlecchini di Picasso e il funereo (fumistico) Amleto: Sieni ha smontato e reinventato, tra la fine degli anni ‘90 e i primi 2000, la fiaba, trasformandola in percorsi spaziali, rivelazioni attraverso il pullulare straniato, stranito, di personaggi noti (come Pinocchio, la fata eccetera), come proiezione, specchio dell’immaginazione, del gioco, della paura, del desiderio e della fragilità, come sondaggio di un immaginario depositato nei nostri corpi, nelle nostre infanzie, in ciò che sta sotto quello che siamo da adulti, da anziani. Spazi non lineari, misteriosi (del mistero): boschi, luoghi dove i bambini si sperdono o lampeggiano come esseri fatati, come promessa (e rimpianto) delle nostre possibilità.

Massimo Marino

Lascia un commento